Per il giudice l’infedeltà dichiarativa può trasformarsi in reato penale
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE. sentenza n.7739 del 28.02.2012 Per la Cassazione, l’elusione fiscale è penalmente rilevabile se il contribuente ha violato le specifiche norme antielusive sancite dall’art. 37-bis del DPR 600 del 1973, superando la soglia di punibilità sancita per l’evasione fiscale. La sentenza n. 7739 del 28 febbraio 2012 della Corte di cassazione ha sancito il principio della rilevanza penale per le ipotesi di elusione fiscale, ma il giudice penale è tenuto a fare una propria valutazione sostanziale e autonoma rispetto al giudice tributario, nella quale non possono trovare spazio le presunzioni proprie della normativa strettamente tributaria. I giudici della suprema Corte dopo aver ricordato gli incerti orientamenti giurisprudenziali sulla rilevanza penale delle condotte elusive, sottolineano invece come, a sostegno della rilevanza penale della condotta elusiva, si ponga, in primo luogo, l’art. 1, lett. f) del DLgs. 74/2000, che fornisce una definizione di imposta evasa così ampia da ricomprendere anche l’imposta elusa e l’imposta dichiarata, affermano che, nei limiti fissati dalle norme sui reati tributari e valutando caso per caso l’elemento psicologico, sono ravvisabili anche i reati previsti dagli articoli 4 e 5 del D.Lgs. 74 del 2000 (rispettivamente dichiarazione infedele e omessa […]
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