Poche ricevute non bastano a giustificare il gran numero dei beni acquistati


          CORTE DI CASSAZIONE. Sentenza n.3777 del 15.02.2013 Nel mondo dell’accertamento fiscale si fa strada  anche il “dentierometro” per gli studi dentistici. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 3777 del 15 febbraio2013, ha accolto il ricorso presentato dall’amministrazione finanziaria.  Non basta comprare  dei prodotti, da impiegare per la propria prestazione professionale, e documentarne la provenienza e le modalità d’acquisto.  Se ci fermiamo a questi adempimenti, potrebbe sembrare tutto in regola ma  ciò può costituire, paradossalmente, anche un effetto controproducente… soprattutto se al quantum dei materiali acquistati non corrisponde un adeguato quantum dei lavori compiuti e registrati con  ricevuta fiscale. Per questo, il professionista può finire nelle attenzioni del Fisco, e deve affrontare il compito di smontare la ricostruzione, effettuata “induttivamente”, dei ricavi e il connesso “recupero a tassazione”.  A legittimare il metodo induttivo basato sull’acquisto di materie prime è di nuovo la Cassazione, condividendo la linea delle Entrate, nella quale vi è stata una “omessa annotazione dei maggiori corrispettivi conseguiti per ognuna delle protesi non assistita da successiva fatturazione”. Infatti i Supremi giudici, ribaltando il verdetto di merito, hanno chiarito che: “… è legittimo il recupero a tassazione dei ricavi, […]

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