Carenza del potere accertativo e difetto di legitimatio ad causam conseguente alla cessazione dell’affidamento della gestione dei tributi locali
E’ noto che i Comuni, quando esternalizzano l’attività di accertamento e di riscossione delle proprie entrate avvalendosi dell’istituto della concessione ai sensi dell’art. 53 D.Lgs. 446/1997, attribuiscono agli affidatari anche determinati poteri propedeutici e connessi a quelli accertativi ed esattoriali. Costante giurisprudenza ha confermato che tra i suddetti poteri rientra la legittimazione a resistere direttamente nel giudizio d’impugnazione dell’atto impositivo redatto dal concessionario medesimo (e d’impugnare l’eventuale Sentenza sfavorevole), senza che si realizzi alcun litisconsorzio necessario tra il soggetto accertatore e l’ente locale impositore. Pertanto, ogniqualvolta l’avviso o l’atto di riscossione dell’entrata è notificato dal concessionario (o, dal c.d. “soggetto gestore” della TIA, così come previsto dal combinato disposto di cui all’art. 49 commi 13 e 15 D.Lgs. 22/1997 ed all’art. 10 D.P.R. 158/1999), il contribuente è tenuto a chiamare in giudizio esclusivamente quest’ultimo. L’affidatario del servizio di accertamento e riscossione dell’entrata comunale svolge la suddetta attività < in piena autonomia, ivi compresa l’attribuzione di legittimazione processuale nelle controversie che involgono la verifica della legittimità degli atti per cui è costituito e nei quali si concreta la capacità impositiva > (Cassazione nn. 15864/2004, 14668/2005, 1138/2008 e 6773/2010). Da quanto sinteticamente esposto deriva che, nei casi in cui cessi l’affidamento – […]
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