Risponde di peculato l’albergatore che non versa al comune l’imposta di soggiorno riscossa
L’Albergatore (ossia, l’Amministratore Delegato e il Direttore, quali gestori della struttura alberghiera o ricettiva, in concorso tra loro) risponde del reato di peculato ex art. 314 c.p., per essersi appropriato indebitamente della somma incassata a titolo di imposta di soggiorno dai clienti della struttura, senza versarla al Comune effettivo destinatario, altresì, soggiacendo alla giurisdizione della Corte dei Conti in termini di responsabilità erariale. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione Pen., Sez. VI, sent. n. 6130/2019 che ha rigettato le doglianze dell’imputato il quale, tra le plurime doglianze, rilevava l’inoperatività del reato contestatogli in ragione dell’insussistenza, in capo ai gestori delle strutture alberghiere, della qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, quindi, l’assenza dei requisiti soggettivi, nonché l’omessa disapplicazione del regolamento comunale sull’imposta di soggiorno. Con detta pronuncia, infatti, il Supremo Collegio fa proprie le posizioni assunte in precedenza con le sentenze n. 53467 del 2917 e n. 32058 del 2018, le quali affermano la piena conformità al principio di riserva di legge, operante in materia tributaria, della normativa sull’imposta di soggiorno che è istituita con Legge dello Stato (art. 4, D. Lgs. n. 23/2011) e disciplina gli aspetti essenziali del tributo, demandando – poi e in assenza […]
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